giovedì 10 febbraio 2011

un tronco sul fiume...

Ho sognato un tronco sul fiume l'altra notte, uno di quei tronchi che rollano armonici con il loro peso, sbattendo da una parte all'altra, lo guardavo dalla sponda fangosa a pochi passi dall'acqua e mentre sentivo i piedi sprofondare piacevolmente sulla faccia della madre, mi pareva di sentirne l'odore, di sentirne la sicurezza, la tranquillità di chi sa lasciarsi andare senza preoccuparsi minimamente, e lo invidiavo: nessuno lo giudicherà mai, nessuno gli dirà mai di farsi una vita e di non seguire la corrente, lui va in silenzio, tra gli spruzzi delle rapide che prima o dopo si risolvono da sole. Spesso vorremmo essere trasportati così, sentendoci vivi e liberi di fare la prima cosa che capita, di parlare con chiunque si incontri anche solo per strada e di agire seguendo semplicemente il flusso ma abbiamo paura.
Siamo regolati da specifiche norme di comportamento, siamo delle armature fredde con qualcuno all'interno che abbiamo scordato chi è, siamo talmente arroganti da essere arrivati a stabilire se sia giorno o notte a seconda dei nostri impegni.
L'lsd, la psilocibina e tutte le sostanze per così dire "esplorative"  non ci aiuteranno; riscoprire gli accessi più remoti di noi stessi per poi ritrovarli chiusi è ancora più frustrante e porta all'abuso di queste chiavi d'accesso momentanee.
 Il tronco vede l'acqua ed il cielo, sente il vento su di lui e porge i graffi del giorno alla luna per farsi medicare, non riflette gira, tocca, sfiora tutto, non ha bisogno di sapere cosa lo aspetta ed è strano pensare di potercisi immedesimare, quanto è strano pensare di non poter vivere come uno stupido tronco.
Se solo avessi il coraggio di restare inerme, senza il peso delle azioni ragionate, potrei lasciarmi cullare dal tempo ed esplorare le rive dei divieti auto imposti, scoprirei che non sono poi così sbagliate le idee degli altri, le visiterei come grotte cercando di riposare, accendendo un fuoco per distendermi tranquillo e tenere lontano la ferocia delle mie convinzioni.
Galleggerò fino a quando mi sarà permesso ricordare, porterò con me tutti i bagagli, perchè il fiume non è altro che la fusione delle esperienze di chi lo percorre e presto o tardi diventeremo le pietre che ne modificano l'impeto.
Non dovrò pensare all'eventualità di una cascata, niente è in programma; niente è un programma.

domenica 30 gennaio 2011

il comodino del malato...

Il comodino del malato.
Ho deciso di chiamare così questo rubinetto virtuale, sul comodino del malato solitamente c'è disordine ma anche tutto quello che occorre a farlo stare meglio.
Questo è il mondo che abbiamo contribuito ad infettare e volenti o nolenti ci siamo scoperti deboli e ciondolanti, spostiamo la nostra fragile attenzione da una parte all'altra, incapaci di concentrarci, spesso di mettere in discussione le nostre vite; siamo quasi certi di essere convinti, che per essere felici serva qualcosa di incredibile, tanto da non riconoscere la felicità giornaliera come tale, tanto da considerarla un contrappeso alle nostre sfortune.
Vivere in un bosco come David Thoreau oggi, sarebbe considerato eccessivo, e forse, visti i mezzi di comunicazione dei quali disponiamo, un tantino egocentrico. Siamo comunque chiusi nei nostri piccoli alveari, all'ombra delle nostre aspettative per non scottarci e al caldo di quel camino d'immagini, che ci sputa addosso e con violenza le false coordinate di una vita di successo.
Ricordo con un sorriso amaro, tutte quelle persone che come mio nonno, hanno vissuto veramente la semplicità delle piccole cose, hanno sentito addosso la paura della guerra riuscendo così ad abbracciare piangendo la pace, hanno creduto veramente che si sarebbe potuto costruire un futuro con le proprie mani, e in parte forse ci sono riusciti.
Si congederanno contenti, i più fortunati forse senza nemmeno aver conosciuto la mancanza di rispetto, volgarmente riservata ai nostri saggi: a mio parere uno dei più grandi errori della società moderna.
Ci hanno regalato l'onore, di essere i giovani rami degli alberi che hanno piantato e curato nel tempo.
Hanno però fatto un errore di valutazione, hanno detto a noi di essere fortunati, che la nostra generazione ha tutto e se loro avessero potuto scegliere, avrebbero scelto di essere giovani con noi; erano loro quelli fortunati e se avessi potuto scegliere, avrei scelto di essere giovane con loro.
Siamo spudoratamente ordinati nelle nostre vite ma ciclicamente ci sentiamo vuoti e stanchi.
Abbiamo bisogno di un disordine efficace: ci serve un comodino.